Sul divieto di pagamento dei creditori anteriori
 
Cassazione penale, sez. III, 16 aprile 2015, n. 15853
 
“Non commette il reato di omesso versamento IVA, il cui ultimo termine utile scada dopo la proposizione della domanda di concordato preventivo, il debitore che comunque in proposta ne preveda l'integrale pagamento (ove anche formulata senza il ricorso allo strumento di cui all'art. 182 ter, l.f.), atteso che il concordato, con le sue regole (tra cui quella di cui all'art. 168, co. 1, l.f.), da luogo ad una vera e propria procedura giurisdizionale a  struttura chiaramente pubblicistica e vigilata, essendo istituto  che rappresenta una sorta di uscita di sicurezza rispetto alla prospettiva del fallimento e dunque uno di quegli strumenti di tutela, non solo dei creditori, ma altresì degli interessi economici collettivi che il legislatore ha predisposto per le crisi d'impresa.
Pertanto sarebbe illogico considerare ciò tamquam non esset ai fini penali, dissociando settori parimenti pubblicistici dell'ordinamento, ovvero consentendo, da un lato al giudice fallimentare di ammettere al concordato preventivo l'imprenditore che nel suo piano progetta di commettere un reato e poi di omologare la deliberazione con cui i creditori hanno approvato (anche) un siffatto progetto criminoso, e dall'altro al giudice penale di sanzionare il soggetto che ha eseguito un accordo omologato (la cui relativa domanda era stata, tra l'altro, ab origine comunicata al pubblico ministero) condannandolo per il reato di cui al D. Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter”.
 
(massima redazionale)
 
 
 
 

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