Sub artt. 168 e 169 L.F.
Sulla compensazione tra debiti e crediti in caso di patto di compensazione
 
Cassazione civile, sez. I, 10 aprile 2019, n. 10091 (Rel. Vella)
“In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se le relative operazioni siano compiute in epoca antecedente rispetto all’ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, è necessario accertare, qualora il fallimento (successivamente dichiarato) del correntista agisca per la restituzione dell’importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all’anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del diritto di “incamerare” le somme riscosse in favore della banca. Solo in tale ipotesi, difatti, la banca ha diritto a “compensare” il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della “cristallizzazione dei crediti”, con la conseguenza che ne’ l’imprenditore durante l’amministrazione controllata, ne’ il curatore fallimentare – ove alla prima procedura sia conseguito il fallimento hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse (anziché porle in compensazione con il proprio credito).
Gli stessi principi vanno ribaditi in tema di concordato preventivo, osservandosi che la compensazione determina – a norma del combinato disposto degli art. 576 e 169 L.F. - una deroga alla regola del concorso ed è ammessa pure quando i presupposti di liquidità ed esigibilità, ex articolo 1243 c.c., maturino dopo la data di presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, purché il fatto genetico delle rispettive obbligazioni sia sempre anteriore a detta domanda (nel caso esaminato la S.C. ha evidenziato  che comunque il ricorrente non aveva censurato l’orientamento di legittimità cui aveva aderito il giudice di merito ,  ma si era limitato a dedurre l’erronea assimilazione della fattispecie concreta alle ipotesi contemplate in detto orientamento).”
Nota redazionale: per completezza va segnalato che nella decisione non si da atto che sussiste anche un indirizzo di legittimità di segno opposto a quello ivi sostenuto: Cass.  11988/1990; Cass. 9030/1995; Cass. 10548/2009; Cass. 22277/2017.
Precedenti citati: conformi alla prima parte della massima Cass. 7194/1997; Cass. 2539/1998; Cass. 8752/2011; Cass. 179999/2011; Cass. 3336/2016; conformi alla seconda parte della massima Cass. 825/2015; Cass. 24046/2015.
(Antonio Pezzano - IlCodiceDeiConcordati.it)
 

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