CAPO II

Dei reati commessi da persone diverse dal fallito

Art. 223. Fatti di bancarotta fraudolenta. – I. Si applicano le pene stabilite nell’articolo 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.

II. Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’articolo 216, se:

1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;

2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.

III. Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’articolo 216.

Art. 224. Fatti di bancarotta semplice. – I. Si applicano le pene stabilite nell’articolo 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:

1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo;

2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.

Art. 225. Ricorso abusivo al credito. – I. Si applicano le pene stabilite nell’articolo 218 agli amministratori ed ai direttori generali di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso il fatto in esso previsto.

Art. 226. Denuncia di crediti inesistenti. – I. Si applicano le pene stabilite nell’articolo 220 agli amministratori, ai direttori generali e ai liquidatori di società dichiarate fallite, che hanno commesso i fatti in esso indicati.

Art. 227. Reati dell’institore. – I. All’institore dell’imprenditore, dichiarato fallito, il quale nella gestione affidatagli si è reso colpevole dei fatti preveduti negli articoli 216, 217, 218 e 220 si applicano le pene in questi stabilite.

Art. 228. Interesse privato del curatore negli atti del fallimento. – I. Salvo che al fatto non siano applicabili gli articoli 315, 317, 318, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a euro 206.

II. La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.

Art. 229. Accettazione di retribuzione non dovuta. – I. Il curatore del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in suo favore dal tribunale o dal giudice delegato, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da euro 103 a euro 516.

II. Nei casi più gravi alla condanna può aggiungersi l’inabilitazione temporanea all’ufficio di amministratore per la durata non inferiore a due anni.

Art. 230. Omessa consegna o deposito di cose del fallimento. – I. Il curatore che non ottempera all’ordine del giudice di consegnare o depositare somme o altra cosa del fallimento, ch’egli detiene a causa del suo ufficio, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 1.032.000.

II. Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a euro 309.

Art. 231. Coadiutori del curatore. – I. Le disposizioni degli articoli 228, 229 e 230 si applicano anche alle persone che coadiuvano il curatore nell’amministrazione del fallimento.

Art. 232. Domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso col fallito. – I. È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 51 a euro 516, chiunque fuori dei casi di concorso in bancarotta anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato.

II. Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla metà.

III. È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:

1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito;

2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell’imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica.

IV. La pena, nei casi previsti ai nn. 1 e 2, è aumentata se l’acquirente è un imprenditore che esercita un’attività commerciale.

Art. 233. Mercato di voto. – I. Il creditore che stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103.

II. La somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate.

III. La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell’interesse del fallito.

Art. 234. Esercizio abusivo di attività commerciale. – I. Chiunque esercita un’impresa commerciale, sebbene si trovi in stato di inabilitazione ad esercitarla per effetto di condanna penale, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore a euro 103.

Art. 235. Omessa trasmissione dell’elenco dei protesti cambiari. – I. Il pubblico ufficiale abilitato a levare protesti cambiari che, senza giustificato motivo, omette di inviare nel termine prescritto al presidente del tribunale gli elenchi dei protesti cambiari per mancato pagamento, o invia elenchi incompleti, è punito con la sanzione amministrativa da euro 258 a euro 1.548.

II. La stessa pena si applica al procuratore del registro che nel termine prescritto non trasmette l’elenco delle dichiarazioni di rifiuto di pagamento a norma dell’articolo 13, secondo comma, o trasmette un elenco incompleto.

 

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